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“Agrigento è un Giano bifronte. C’è una certa località sul mare preda dell’abusivismo edilizio, con case di villeggiatura costruite entro i 150 metri dal mare e con sentenze passate in giudicato da portare all’esecuzione con la demolizione. Ma c’è anche un altro luogo, la Scala dei Turchi, dove c’era un ecomostro in riva al mare. Un immobile che è stato interpretato come una sorta di violenza alla bellezza del paesaggio”. E’ con queste parole che il Prefetto di Agrigento, Nicola Diomede, intervenendo agli Stati Generali del Paesaggio svoltisi a Roma, ha descritto la realtà Agrigentina.  A poco meno di venti anni dalla Conferenza nazionale del paesaggio del 1999, il ministero dei Beni e delle attività culturali e del turismo ha lanciato gli Stati Generali del Paesaggio come occasione di riflessione e di approfondimento sul futuro delle politiche paesaggistiche in Italia. E Agrigento era presente con le sue contraddizioni.

“C’è una certa località, sul mare, sulla costa provinciale, di cui non faccio il nome, – ha detto il prefetto Nicola Diomede – dove le case di villeggiatura sono costruite entro i 150 metri dal mare, quindi con vincolo di inedificabilità assoluta. Ci sono le sentenze passate in giudicato da portare all’esecuzione della demolizione. Il risultato? Avversione, un conflitto sociale che è diventato conflitto politico-amministrativo e una cosa dolorosa: una avvertita indifferenza rispetto al fatto che quelle sentenze erano state pronunciate nel nome del popolo italiano. A pochi chilometri di distanza, c’è, invece, un luogo del cuore, con un percorso completamente diverso. Siamo nella stessa comunità provinciale, a distanza di circa 40 chilometri, eppure c’è qualcosa di completamente diverso. C’era un ecomostro in riva al mare. Era stato realizzato con le autorizzazioni del caso. La sensibilità degli attori sociali ha innestato un vincolo di carattere paesaggistico che ha fermato i lavori. Quell’immobile – ha continuato a spiegare Diomede – è stato interpretato come una sorta di violenza alla bellezza del paesaggio. C’era anche una casa abusiva realizzata in cima alla Scala dei Turchi. La collaborazione fra Comune, il Fai, la Prefettura e un istituto bancario ha permesso che venisse eliminata. E’ un caso di eredità culturale come risorsa, ossia sviluppo sostenibile. Al posto di quella casa abusiva è stato realizzato un belvedere che è stato ampliato, intorno a quel belvedere sono sorte attività di carattere turistico-ricettive. Intorno alla Scala dei Turchi si è messo in moto, ciò che meglio di così non poteva essere fatto relativamente allo sviluppo”.

Il prefetto di Agrigento ha dunque tracciato il significato di quello che è successo a Licata e quello che, invece, è successo a Realmonte: “Alla Scala dei Turchi c’è stata l’identificazione delle persone di quel luogo e la condivisione di quello che era il dato della bellezza. Esattamente come non è accaduto nell’altro posto, distante una quartina di chilometri. In questo secondo caso è prevalso il concetto di eredità personale, individuale. Anche se quelle case non erano di proprietà individuale perché c’erano le sentenze passate in giudicato. Mentre alla Scala dei Turchi è prevalso il concetto di una eredità collettiva”.

Articolo del 1 Nov 2017 di Concetta Rizzo per “Agrigentonotizie”

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