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Sono tre le sfide più importanti che l’Avvocatura Italiana deve affrontare in questo momento storico.
La prima è quella Culturale, alla quale si è data, almeno in parte, risposta con l’introduzione della formazione permanente obbligatoria e l’istituzione della Scuola Superiore dell’Avvocatura, della Fondazione Bucciarelli e di altri Enti Formativi; si sono inoltre implementate le occasioni di studio e di confronto all’estero per avvicinare gli avvocati italiani al mondo giuridico internazionale.
Sfida culturale che interessa un ripensamento dell’esame di Stato, della facoltà di Giurisprudenza e del sistema  scolastico nel suo complesso; temi certamente di ampio respiro ma che i professionisti intellettuali non possono esimersi dall’affrontare.
La seconda sfida è quella Organizzativa.
La prospettiva di operare in un mercato più ampio dei confini nazionali non può prescindere dalla considerazione della nostra funzione di mediazione, che permette al  cittadino di operare proficuamente all’interno della società e favorisce una continua evoluzione della stessa società.
Per svolgere questo compito, piuttosto che organizzarsi in strutture di grandi dimensioni, è necessario acquisire competenze specialistiche e magari ricorrere ad associazioni – anche di natura temporanea – per rispondere alla domanda di competenze multiple.
Per gli studi medio-piccoli sarà fondamentale lo sviluppo delle reti tra legali per collaborare e offrire servizi nuovi; utilizzare le tecnologie più avanzate potrà consentire di operare in rete e lavorare meglio in team, con regole associative al contempo certe e flessibili; pensare alla certificazione, per offrire all’utente una obiettiva garanzia di qualità della struttura.
La terza sfida è quella sociale poiché la classe media, della quale tradizionalmente e naturalmente hanno fanno parte gli avvocati, si è notevolmente allargata e impoverita.
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