In Europa


Gentile Presidente, Gentili Signore, Amici Rotariani,
grazie per avermi dato l’opportunità di parlare a Voi e di parlare di una mia grande passione: l’Europa che, come ogni passione, si comunica in modo irrazionale. Quindi, fin d’ora, devo chiedervi di guardare anche oltre le parole che pure ho contenuto in uno scritto per fermare le emozioni che mi crea il pensare a questa costruzione dell’Europa che è l’evento più significativo del XX° secolo e che riguarda ben 380 milioni di persone.
Sono lieto di parlarne al Rotary che, attraverso il Rotaract, mi ha aiutato a crescere. Il periodo Rotaractiano è ancora oggi una delle esperienze più importanti della mia vita.
Uno sguardo al passato e al presente è indispensabile per comprendere il futuro e io comincerei con le Istituzioni che hanno rappresentato e rappresentano l’Europa.
E’ la parte più ostica della relazione ma è la più significativa per evidenziare con quanta pazienza e determinazione si sta cercando l’unità.
Nel 1950, subito dopo le guerre, Maurice Schumann, ministro degli esteri francese e padre fondatore dell’Europa insieme a De Gasperi e Adenauer, propose di costruire il primo nucleo dell’edificio comunitario sostenendo che la “messa in comune” della produzione del carbone e dell’acciaio avrebbe rapidamente determinato “la fusione di interessi indispensabile per costruire una Comunità Economica e avrebbe introdotto il fermento di una Comunità più ampia e profonda”.
Questa è in sintesi la concezione dell’Europa cosiddetta “Funzionale” così come si è andata in effetti realizzando dopo il Trattato di Parigi del 1951 che ha istituito, appunto, la CECA (Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio).
La tappa successiva più significativa è stata l’istituzione, con i trattati di Roma del ’57, di altre due Comunità: la Comunità Economica Europea-CEE (che dal 1° NOV. 1993 viene denominata semplicemente Comunità Europea CE) e la Comunità Europea per l’Energia Atomica.
Le tre Comunità costituiscono, tuttora, entità formalmente distinte.
Ai sei paesi fondatori delle Comunità e cioè Belgio , Francia, Germania, Italia, Lussemburgo e Paesi Bassi si sono aggiunti, con successivi trattati di adesione, la Danimarca, l’Irlanda e il Regno Unito dal 1973; la Grecia dal 1981; il Portogallo e la Spagna dal 1986; l’Austria, la Finlandia e la Svezia dal 1995.
I trattati istitutivi delle Comunità sono stati, poi, più volte modificati sia a seguito dei trattati di adesione dei nuovi stati membri sia con altri trattati che hanno sempre accresciuto le competenze delle Comunità grazie, in particolare, all’atto Unico Europeo del 1986, al trattato di Maastricht in vigore dal 1993 e al trattato di Amsterdam entrato in vigore proprio nel 1999.
La costituzione Europea si è fatta, quindi, più complessa e per noi è facile immaginare un tempio con tre colonne, o piliers (pilastri),:
il primo pilastro è costituito dalle tre Comunità;
il secondo è relativo alla politica estera e di sicurezza comune;
il terzo è relativo alla giustizia e agli affari interni nonché alla cooperazione di polizia e cooperazione giudiziaria in materia penale introdotti, questi ultimi, dal trattato di Amsterdam.
Come vediamo, non più solo cooperazione economica.
Tutta la costruzione comprensiva dei tre pilastri ha preso il nome di Unione Europea.
Immaginiamo sopra le colonne il frontone triangolare con la scritta U.E..
L’idea di Unione Europea implica il superamento dell’idea di Europa funzionale e si muove verso quella “Comunità più ampia e profonda” di cui parlava Schumann.
Il cammino è ovviamente ancora lungo.
Tuttavia un recente sondaggio dei quotidiani Le Monde – The Guardian su un campione rappresentativo dell’intera Unione esprime giudizi severi sulle istituzioni esistenti (Europarlamento, Commissione) ma dichiara di volere più integrazione Europea e in tanti chiedono un governo europeo, un presidente eletto a suffragio universale e un esercito comune.
Ciò fa ben sperare. L’opinione pubblica mostra attenzione e voglia di partecipare.
Ed ancora si è recentemente riaperto il dibattito sul bisogno per l’Europa di una costituzione federale; segno che l’Europa non è compiuta e che i cittadini sentono la distanza con l’Amministrazione di Bruxelles la quale rivela un problema di legittimazione democratica.
Va appena accennato, infatti, che i 626 membri dell’Europarlamento, membri ripartiti sulla base della popolazione di ciascuno stato, non esprimono oggi un governo e la Commissione Europea, composta da 20 membri scelti dai governi degli stati nel numero di due per i 5 stati più grandi e di uno per gli altri, ha meno poteri di un esecutivo nazionale.
Inoltre le leggi Europee (le cosiddette direttive) nascono dal dialogo tra la Commissione Europea che propone e il Consiglio Europeo che delibera e che è composto dai 15 capi di stato o di governo (a seconda della struttura costituzionale di ciascuno stato) e dal Presidente della Commissione che oggi è l’italiano Prodi.
Ma le istanze dei cittadini di una maggiore democrazia non sono del tutto inascoltate e il ruolo dell’Europarlamento è cresciuto con il suo nuovo potere di bocciare il bilancio o di sfiduciare la Commissione. In futuro l’80% delle direttive sul mercato unico passerà al vaglio del Parlamento di Strasburgo.
Tuttavia, noi cittadini che chiediamo più democrazia in Europa non possiamo, d’altra parte, sottrarci alle nostre responsabilità: dobbiamo informarci e scegliere i migliori a rappresentarci.
Bisogna essere in Europa con le idee chiare e la forza di difenderle là dove l’Europa si costruisce.
L’impressione che ho avuto a Bruxelles è che i centri decisionali si sono spostati da Roma a Bruxelles ma gli italiani non si sono preparati e partecipano poco al processo decisionale.
Così più che crearla l’Europa la subìamo.
Guardando al futuro credo che noi italiani dovremo superare quel difetto chiamato “esterofilia”.
Come dice Umberto Eco: “noi siamo disposti a prendere sul serio chiunque purché il suo nome non termini per vocale.
Vivere bene con gli altri significa, sì, rispettarli ma anche capire quando sbagliano e avere la grinta per dirlo”.
Guardando al futuro e cercando di immaginare come risolvere il problema del deficit democratico, bisogna tornare a Schumann che, sempre nel 1950, diceva ” L’Europa non si farà d’un tratto, nè in una costruzione globale: essa di farà con delle realizzazioni concrete – creando anzitutto una solidarietà di fatto”.
Tale metodo, applicabile anche alle nostre realizzazioni associative di tutti i giorni, è ripreso dal Prof.Scharpf direttore dell’Istituto Max-Plank di Colonia e autore del saggio “Governare l’Europa. Legittimità democratica ed efficacia delle Politiche nell’Unione Europea”. Scharpf ricorda che esistono due fonti di legittimità dei governi: la prima si fonda sull’efficacia del controllo popolare sulle istituzioni; la seconda deriva dalla capacità dei governanti di dare risposte valide ai bisogni dei cittadini.
Torno a dire, si tratta di concetti validi per l’Europa ma anche per le nostre piccole associazioni che aggregano se i dirigenti organizzano iniziative interessanti e concrete.
Quindi, governo del popolo e governo per il popolo sono due facce altrettanto importanti della democrazia.
E se il deficit di legittimità dell’Unione non può essere risolto nel breve termine creando istituzioni rappresentative di tipo federale, si può fare di più sull’altro versante.
Infatti finora l’Europa ha avuto un’integrazione soprattutto negativa: Bruxelles ha un forte potere di impedire politiche nazionali contrarie alle regole comuni come nel campo della Concorrenza dove la Commissione Europea manifesta la maggiore efficacia. In tale campo, infatti, una legge nazionale che, anche velatamente, aiuti le imprese nazionali a svantaggio di quelle degli altri paesi Europei nello stesso settore, viene abrogata.
La nuova frontiera da esplorare è quella dell’integrazione “positiva” cioè la costruzione di politiche Europee che diano risposte efficaci ai problemi più sentiti dai cittadini come l’occupazione, la qualità dell’istruzione, la sicurezza.
Altro tema interessante per il cittadino Europeo è sapere chi sarà sarà cittadino Europeo in futuro.
Mi riferisco all’allargamento dell’Europa a Est.
Sono, infatti, tanti i paesi esterni che spingono per aderire.
Già sono in corso i negoziati con la Polonia, la Repubblica Ceca, l’Ungheria, l’Estonia, la Slovenia e Cipro.
La Commissione Prodi si accinge a negoziare l’allargamento a Est con qualunque Paese soddisfi i criteri politici di democrazia stabile, rispetto dei diritti umani e di quelli delle minoranze non insistendo più sul soddisfacimento, come prerequisito del negoziato, di criteri economici quali un’economia di mercato funzionante e la capacità di reggere la concorrenza dell’Unione Europea.
Tale coraggiosa e lungimirante visione costituirà, tuttavia, oltre che una fonte di tensioni anche un aggravamento delle difficoltà già presenti nei processi decisionali dell’Europa che oggi si svolgono sotto il vincolo dell’unanimità e domani necessiteranno decisioni a maggioranza.
Posso dire che tra i 25 avvocati e Magistrati che hanno frequentato il mio stesso programma Grotius a Bruxelles sulla “Cooperazione Giuridica e Giudiziaria in Europa”, molti erano dell’Est.
Giovani molto preparati, con ottima conoscenza delle lingue, in rappresentanza di tanti giovani dei loro paesi che si preparano ad entrare in Europa da tempo e con determinazione anche perché l’Europa è l’unico spiraglio per superare quella povertà che fa considerare una festa il mangiare la frutta.
Una volta in Europa, è certo che sfrutteranno meglio di noi siciliani quei fondi strutturali che l’Europa più ricca ha messo a disposizione dell’Europa in ritardo di sviluppo affinché si proseguisse tutti alla stessa velocità.
Siamo stati per anni regione a “obiettivo 1”, quindi, i più disagiati e ci siamo lasciati sfuggire i fondi solo perché non si trattava di semplice assistenza ma erano necessari progetti seri e studi profondi.
Adesso i fondi strutturali 2000-2006 sono veramente l’ultima occasione per non perdere il contatto con l’Europa.
Si tratta di 18.000 miliardi per la Sicilia che a mio parere vanno spesi tutti in reti autostradali, ferroviarie, portuali, aeroportuali e telematiche anziché in piccoli progetti utili a creare solo clientele politiche.
Sull’utilizzo di tali ultimi indispensabili fondi è necessario che tutti vigiliamo e mi permetto di suggerire anche al Rotary di Agrigento iniziative di sensibilizzazione sul tema.
Ma l’apertura dell’Europa non guarderà soltanto ad Est.
Umberto Eco ci fa riflettere sul fatto che l’Europa sarà un continente “meticcio”.
Il sud del mondo, sovrappopolato, sale verso il nord, in calo demografico, e non c’è provvedimento che possa bloccare questo processo.
L’Europa politica sarà solo una conseguenza dell’Europa culturale. L’Europa di chi ha in comune una storia, un modo di pensare.
L’unità politica sarà l’esito finale di complessi fenomeni di dialogo alla pari e accettazione reciproca tra popoli “migranti” che varcano le nostre frontiere e noi Europei che li accogliamo.
Il tutto non sarà indolore e il prezzo potrà essere alto anche in termini di violenza e sangue.
L’unica cosa che si può fare è prepararci culturalmente a gestire l’incontro.
Bisogna educare tutti, chi arriva e chi accoglie, al rispetto delle diversità.
E per noi Siciliani che da sempre conviviamo con la diversità, questo può costituire uno di quei punti di forza su cui dobbiamo fare leva per restare in Europa.
Con lo scrittore Vargas Llosa ritengo che il multiculturalismo è la maggiore ricchezza della quale possa andare fiero un paese, la sua chiave maestra per assicurarsi un posto di avanguardia nella civiltà che si va definendo. Lo stesso scrittore cita ad esempio gli Stati Uniti, il paese più potente del mondo, figlio e prodotto dell’emigrazione, il quale è una dimostrazione decisiva che gli immigrati, contro quello che dicono i cliché, non tolgono lavoro a nessuno, ma che lo creano dove vanno e che, per via dell’impegno e dell’illusione che li anima, questi nuovi cittadini diventano sempre un fattore di progresso per la società che li adotta.
Ad un’Europa “meticcia” corrisponderà un’Europa polilingue.
Osserva sempre Eco che nella storia non si è mai riusciti a imporre una lingua per decisione politica e, quindi, o si tratterà di un processo naturale o niente.
Sarà un’Europa multilingue come la Svizzera dove tutti alla fine si capiscono benissimo pur parlando tra loro lingue diverse.
Per il resto l’Europa privilegerà come lingua veicolare l’Inglese poiché poi dovrà comunicare con l’America o il Giappone.
Sicuramente noi, specialmente ad Agrigento, dovremo investire tantissimo nella conoscenza di più lingue.
Notavo a Bruxelles che non è più consentito conoscere una lingua “così così”. O si conosce bene o, in un mondo che corre, non c’è nessuno che pazientemente ti ascolta. Semplicemente chiudono la comunicazione o, ed è peggio, approfittano dell’ignoranza.
Possiamo avere le idee migliori del mondo ma se non le sappiamo comunicare è come se non le avessimo.
Per noi, dicevo, la conoscenza delle lingue è di vitale importanza poiché il turismo è la principale risorsa.
Tra l’altro il turismo culturale è il settore nel quale, nel mondo, si prevede la maggiore crescita.
La nostra piccola città e la sua situazione ambientale devono portarci a investire sul turismo d’élite più che su quello di massa e le élites si sa sono esigenti.
Bisogna essere preparati per attrarle.
Un mezzo di comunicazione di fondamentale importanza in Europa sarà, poi, Internet : la rete telematica che unisce il mondo.
Si tratta di una rivoluzione.
Alvin Toffler, noto studioso americano della globalizzazione culturale, intervistato dal National Geografic, afferma che oggi assistiamo alla divisione del potere mondiale in tre sezioni: all’ultimo gradino della scala troviamo i paesi agricoli; a metà ci sono le nazioni che dispongono dell’industria pesante ; in alto le economie basate sull’informazione.
I Cinesi hanno chiesto a Toffler: “Possiamo entrare a far parte del settore più alto e al tempo stesso rimanere cinesi?”
Si, ha risposto Toffler, avrete una cultura originale, con i valori della vostra tradizione. Ma sarete i cinesi del futuro non più quelli del passato.
E noi possiamo essere siciliani del futuro mantenendo le nostre più belle tradizioni.
Nessuna cultura nasce dal nulla. Tutto ha un’origine, da qualche parte. Le antiche tradizioni, un tempo erano moderne.
E’ quello che penso guardando i Templi.
I nostri antenati dovevano essere dei grandi innovatori.
Dobbiamo ritrovare la nostra forza innovatrice.
Non si può più aspettare un lavoro, bisogna inventarselo.
Diversamente rischiamo di perdere la materia prima di cui più è ricca la Sicilia e cioè “i cervelli” che sempre più spesso si trasferiscono al Nord o all’estero.
La tecnologia abbatte le barriere fisiche e per noi, isolati al Sud dell’Europa, è indispensabile.
Le istituzioni europee hanno scelto internet per comunicare.
Il sito http://europa.eu.int è multilingue, contiene informazioni su tutte le politiche europee e garantisce un dialogo permanente tra l’Europa e i cittadini.
L’Europa dedica particolare attenzione al telelavoro, anche con una settimana Europea di sensibilizzazione all’interno della quale vengono premiate le aziende che hanno accresciuto il proprio potenziale nella direzione del lavoro on-line.
L’Unità Europea ha visto crescere i telelavoratori del 500 % negli ultimi cinque anni.
Il telelavoro è la prossima frontiera occupazionale, riduce le distanze e consente di poter lavorare stando a casa propria.
Se i nostri giovani migliori potranno lavorare con le migliori aziende al mondo restando a casa, e magari andando al mare, non partiranno più e anzi attireranno altri cervelli contribuendo alla crescita culturale delle nostre zone.
I vantaggi, poi, per le donne, impegnate tra lavoro e famiglia, sono innegabili.
Inutile, infine, aggiungere che internet è un mezzo e starà a noi utilizzarlo per fini buoni o cattivi.
L’Europa del terzo millennio sarà l’Europa delle libertà.
Già oggi sono state soppresse le frontiere interne.
Con la ratifica del Trattato di Amsterdam, che incorpora il Sistema Schengen, saranno 13 i paesi dell’Unione Europea che opereranno con un unico sistema per la libera circolazione delle persone.
I cittadini europei disporranno così non solo della garanzia di un controllo democratico ma anche della possibilità di efficaci ricorsi giudiziari qualora i loro diritti vengano messi in discussione.
I cittadini potranno muoversi in Europa senza passaporti e solo in caso di controllo, anche fuori delle ex frontiere, dovranno dimostrare la propria identità.
Penso che dovremo approfittare dell’apertura delle frontiere, e delle basse tariffe dovute alla concorrenza tra le compagnie, per viaggiare in Europa.
Credo che si ami solo ciò che si conosce e noi dobbiamo conoscere l’Europa per amarla.
Il servizio visite della Commissione ha come obiettivo quello di far conoscere l’Unione Europea al maggior numero dei suoi cittadini,in particolare a gruppi,associazioni professionali, scuole, università, collettività regionali e locali.
Lascio una brochure di tale servizio e spero che il Rotary di Agrigento colga l’occasione.
Alla libera circolazione dei cittadini si è aggiunta la libera circolazione delle merci, dei capitali, dei lavoratori, la libertà di stabilimento.
E tante altre saranno le libertà che si aggiungeranno in futuro.
Ma il prezzo della libertà è l’eterna vigilanza, diceva il Presidente americano Jefferson.
Insieme alle indispensabili istituzioni, dovremo vigilare noi stessi.
Una vigilanza che dovrà estendersi dai prodotti che acquistiamo al supermercato alle scelte politiche.
Una vigilanza alla quale suggerirei di prepararci con delle buone letture.
Manca il Tempo? “il tempo per leggere c’è l’ho in tasca” dice Daniel Pennac. Motto che io ho interpretato riempiendo le tasche di articoli culturali tirati giù da internet.
Quando penso a che cosa dovremo riferirci per il nostro agire nel terzo millennio penso alle sei proposte per il prossimo millennio di Italo Calvino e cioè: La Leggerezza, La Rapidità, L’Esattezza, La Visibilità, La Molteplicità.
Più libertà anche di autogovernarsi secondo l’intuizione di Reagan e cioè che in una democrazia avanzata i cittadini abbiano il diritto e il dovere di governarsi il più possibile da soli.
Ma non libertà senza limiti secondo il capitalismo puro.
Il Capitalismo è il sistema più perfetto apparso fino ad oggi per la creazione di ricchezza.
E’ un sistema basato sulla libera impresa e sul libero mercato, vale a dire, una competizione, un continuo rivaleggiare tra gli individui e tra le imprese per conquistare mercati e fare sparire i competitori.
E’ una pratica, un modo di organizzare la società per creare ricchezza.
Di per sè solo, disumanizzerebbe la società e la trasformerebbe in una giungla spietata, darwinista, dove sopravviverebbero soltanto i più forti.
Si umanizza grazie alla democrazia, ci ricorda lo scrittore Vargas Llosa, con uno Stato di diritto, dove ci sono giudici indipendenti ai quali possono rivolgersi i cittadini quando subiscono soprusi, leggi che garantiscono il rispetto dei contratti, la parità delle opportunità per tutti e che impediscono i monopoli e i privilegi, e dei governi rappresentativi, che la cittadinanza può sanzionare tramite i partiti dell’opposizione e una stampa libera.
Sono convinto che la vecchia Europa, forte dell’esperienza del passato, saprà trovare la via di mezzo.
A tal proposito mi viene in mente lo slogan francese di “riaffermare la fede nell’economia di mercato, ma non la sua conversione in società di mercato”.
Sono anche moderatamente ottimista sul futuro di Agrigento in Europa. La nostra flessibilità e capacità di adattamento, l’ospitalità, i valori tradizionali ben radicati, le bellezze naturali e quelle storiche, il clima, la cucina, l’invidiabile patrimonio culturale, la capacità di integrarsi con altre culture, le tante intelligenze vive, la rinnovata attenzione alla legalità, la voglia di impresa, l’apertura sul mediterraneo, sono tutti punti di forza importanti.
Ciò che bisogna introdurre è una nuova mentalità, un nuovo modo di pensare.
Che va introdotto da una nuova classe dirigente, da leaders pazienti, preparati e sensibili che il Rotary può e deve individuare, raccogliere e formare.
Buon lavoro.
Giuseppe Taibi – Rotary Club Agrigento – Settembre 2001

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